L’altro giorno, parlando con un artista LGR, questo mi raccontava che un A&R di una etichetta indie italiana gli aveva detto che non avrebbe tenuto in considerazione artisti con “trent’anni o più”. Sinceramente non avevo mai pensato alla questione in questi termini, ma il perchè di quell’affermazione mi è stato immediatamente evidente: il target più interessante dal punto di vista numerico è quello dei giovani e dei giovanissimi, un target che si nutre di un certo tipo di proposte musicali estremamente young.
Il mio disco preferito degli ultimi anni è sicuramente Heimat, il sesto disco dei Delta V. Ci sono arrivato con quasi un anno di ritardo rispetto all’uscita, su suggerimento di Fabio Di Ranno dei Milano 84. Ho trovato un disco maturo nei testi e negli arrangiamenti, come raramente mi era capitato di ascoltare. Secondo il ragionamento di cui sopra questo disco non sarebbe mai dovuto uscire. A volte mi chiedo se questi A&R ascoltano (e apprezzano) la musica che producono.
Io dico: prendiamoci le nostre responsabilità. Non scarichiamole sul mercato, sugli algoritmi, sulle situazioni contingenti. É facile prendere artisti che hanno già una fanbase ben definita, che seguono canoni pre-esistenti… dov’è il lavoro dell’etichetta? Le etichette hanno ancora senso se si fanno promotori culturali.
Io produrrò sempre la musica che voglio ascoltare, a prescindere dai numeri, a prescindere dal mercato. Voglio essere un fattore di cambiamento, non l’ennesima riconferma di uno status quo mediocre.
Come dicevo qualche tempo fa, ho una predilezione per gli esordi, ma non ne farei una questione di età. Gli esordi hanno spesso una freschezza particolare. Ma, in definitiva, ciò che realmente conta è fare bei dischi, e supportare gli artisti e la loro arte. Un bel disco può non trovare il suo pubblico e questo è un peccato. A volte capita. Magari lo troverà in futuro e verrà rivalutato, magari rimarrà una gemma nascosta per pochi, ma sarà pur sempre un bel disco.
Un cattivo disco, un disco sbagliato, può ahimè trovare il suo pubblico (e spesso lo trova), alimentando un sistema che continua a produrre dischi che partono da presupposti sbagliati. É la morte dell’arte.
Prendiamoci le nostre responsabilità.